POLVERONE – Se l’ex presidente Bill Clinton aveva ammesso di aver fumato marijuana – con la precisazione di «non aver inalato» -, Barack Obama non ha nemmeno mai provato a dire di non aver inalato. Infatti, è oramai risaputo che l’attuale presidente degli Stati Uniti fumasse le canne da giovane. Nella sua autobiografia del 1995 «I sogni di mio padre», infatti, Obama diceva di aver fatto «uso frequente» di canne e affini. Non era però noto che l’allora studente universitario avesse lanciato «tendenze» nel consumo di cannabis. La nuova biografia – non autorizzata – uscirà negli Usa il prossimo 19 giugno. Non è scritta da uno qualunque, ma dal giornalista americano e premio Pulitzer David Maraniss. Nelle 672 pagine sono raccolte numerose interviste – una anche allo stesso Obama – e materiali inediti che l’autore ha recuperato contattando le persone più vicine al presidente. Il libro finisce con l’inizio degli studi di Obama a Harvard, nel 1988. Tra qualche anno verrà pubblicato un secondo volume. Ma già questi primi 27 anni di vita del figlio di una donna bianca del Kansas e di un uomo nero del Kenya stanno sollevando un polverone.
«TOTAL ABSORTION» – Venerdì scorso è stato il blog newyorkese BuzzFeed a pubblicare i primi estratti. Si tratta di alcuni passaggi che rivelano il rapporto di Obama con la marijuana durante il periodo della High School alle Hawaii. In particolare, viene raccontato «il come» veniva consumata la sostanza. Obama, che ai tempi si faceva chiamare Barry, aveva fondato coi suoi compagni la «Choom Gang», termine in slang per indicare un gruppo di fumatori d’erba. Obama era noto per aver introdotto un paio di tendenze nel fumare marijuana, scrive Maraniss. Era un convinto praticante della tecnica a quei tempi in voga tra i fumatori più accaniti, quella di «sputare» fuori il fumo il più tardi possibile: la «Total Absortion», o semplicemente «TA». Si stava seduti tutti insieme, generalmente in circolo, e a chi per primo buttava fuori il fumo veniva inflitta una penalità molto severa, fino all’esclusione dalla «Choom gang». Un gruppo nel quale il giovane Obama mostrava evidentemente già le doti da leader. Altra «tecnica» prediletta dalla gang era quella di fumare erba in auto, coi finestrini chiusi, così da «non disperdere nulla». Il gruppo prediligeva poi solo la «birra dalle bottiglie verdi», cioè le marche Heineken, Becks e St Pauli Girl.
MEA CULPA – Oltre a ciò, scrive Maraniss, all’interno della banda il futuro presidente Usa sarebbe stato anche l’artefice del cosidetto «principio di rottura»: mentre la canna girava il presidente, ad un certo punto, gridava «interrotto!» e scroccava un tiro in più. La didascalia alla foto nell’annuario dell’ultima liceo di Obama recita: «Ringrazio la Choom Gang e Ray per tutti i bei momenti». Ray era colui che avrebbe fornito Obama & co. della droga. Nella sua autobiografia «Dreams from My Father», Obama spiegava che «la marijuana l’aveva aiutato». «E anche il vizio del bere. Forse anche un po’ di coca se ce la si potesse permettere. Eronia no». In seguito dichiarò di non essere orgoglioso di aver consumato droga a quei tempi: «È stato un errore».
BIOGRAFIE – Per l’autore si tratta in ogni caso di una bella pubblicità, che arriva appena due settimane dopo i clamorosi estratti del libro pubblicati dall’edizione statunitense di Vanity Fair e che raccontano i primi amori del futuro Comandante in capo. Due donne, Genevieve Cook e Alex McNear, ricordano la loro relazione con Obama all’inizio degli anni Ottanta (durante il periodo newyorkese), e citano i loro diari dell’epoca. Le reazioni dei media all’opera di David Maraniss sono contrastanti: per il portale Politico si tratta di un «libro pericoloso per Obama». Discordanti le opinioni anche sui social network. Su Twitter, una follower dell’autore scrive: «Non ho mica votato l’Obama teenager, ho scelto quello più vecchio, il tipo saggio – ma, hey, grazie per il dramma :)». Risponde l’autore: «Hai assolutamente ragione, questo è appunto uno dei rischi quando si scrivono le biografie nella cultura politica moderna degli Stati Uniti».
Fonte Corriere