Spie, navi, missili: Mosca sfida gli Usa

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Mossa davvero inusuale e che potrebbe provocare una rappresaglia da parte di Washington. Se i russi lo hanno fatto – è un’interpretazione – è per motivi di politica interna. Vogliono dimostrare di tener a bada la Cia, accusata di essere troppo aggressiva. Dall’altra parte non è che gli agenti venuti dall’Est stiano a guardare e, secondo diversi analisti, l’attività negli Usa è sempre molto sostenuta.

MEDITERRANEO – Gli altri due segnali sono legati al conflitto siriano. Mosca ha annunciato che una task force navale della Flotta del Pacifico è entrata nel Mediterraneo. Evento che non si verificava da decenni. La formazione è composta dall’incrociatore Ammiraglio Panteleyev, da unità da sbarco e da appoggio, forse da un sottomarino nucleare. Secondo fonti ufficiali dovrebbe raggiungere il porto cipriota di Limassol ma non è escluso che possa visitare anche lo scalo siriano di Tartous, l’unico appoggio che la Marina dispone nel Mediterraneo. Trasferendo la task force, il Cremlino mostra la bandiera e accresce la presenza in un momento dove crescono le voci su un intervento occidentale.

ASSAD NON SI TOCCA – L’ingresso delle unità – il terzo messaggio – però può essere legato alle forniture di armi per il regime di Assad e a manovre per proteggerle. Mosca è sul punto di spedire sofisticati missili anti-aerei «S 300». Inoltre, come ha rivelato giovedì il New York Times, ha consegnato alla Siria numerose batterie «Yakhont», ordigni anti-nave che il paese arabo aveva ordinato nel 2007. Washington ha invano cercato di dissuadere il Cremlino e ieri ha dato voce alle critiche, ma Mosca non è disposta ad abbandonare Assad. Anzi, in questa fase ha tutto l’interesse nel sostenerlo. Proprio grazie all’assistenza degli alleati – russi, iraniani, Hezbollah libanesi, sciiti iracheni – l’esercito di Assad è riuscito a riprendere l’iniziativa su diversi fronti. Il flusso di armi in favore della Siria è seguito con molta attenzione a Gerusalemme. Israele ha già condotto tre raid per distruggere materiale sensibile ospitato negli arsenali di Assad. E, due giorni fa, non ha escluso di condurre altre incursioni per evitare che missili o altri equipaggiamenti ritenuti «strategici» possano essere trasferiti dalla Siria all’Hezbollah. Per questo in molti prevedono una «lunga estate calda» in Mediterraneo.

Fonte Corriere

Gli agenti segreti nell’era dei social

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Se questo è vero, però, un americano senza un piede nei social media sarebbe oggi come uno che va in giro in mutande: esserci è necessario, per non suscitare dubbi e domande. 

La Cia quindi ha deciso di dare via libera alle pagine Facebook, o ai cinguettii su Twitter, a patto di seguire regole rigorose descritte in un manuale che il Wall Street Journal ha letto. Bisogna mettere informazioni in rete, ma non troppe. E’ lecito usare il proprio nome vero, anche perché cambiarlo dopo aver avuto per anni una certa identità online provocherebbe subito sospetti. Si possono descrivere i viaggi personali, anche con fotografie, ma nulla deve accennare alle missioni di lavoro. Non sono permessi i collegamenti o le amicizie con i colleghi, perché se un agente fosse scoperto questi link potrebbero consentire ai nemici di individuare anche gli altri uomini della Cia. Se qualcuno aveva già delle connessioni con altre spie dovrebbe eliminarle, ma non subito e non tutte insieme, perché anche questo è un comportamento che potrebbe attirare l’attenzione dei servizi segreti rivali, sempre alla ricerca di piste da seguire. Questo, infatti, è un altro elemento da tenere sempre presente: i social media sono diventati un nuovo terreno di confronto fra le spie, e quindi bisogna usare la stessa scaltrezza adottata nel mondo normale, dando sempre per scontato che qualcuno potrebbe seguirti per smascherarti.

L’ultimo caso pratico è quello di Ryan Fogle, arrestato nei giorni scorsi dai russi che lo hanno accusato di essere un agente della Cia e lo hanno espulso. Fogle aveva una pagina Facebook su cui raccontava tutto ai suoi 243 amici: la visita in un bunker della Guerra Fredda a Mosca, una gita a Mont Saint-Michel in Francia, un viaggio a Cracovia in Polonia. Aveva rivelato anche le date e l’itinerario del suo prossimo ritorno negli Usa, raccontando che avrebbe festeggiato il Memorial Day di fine maggio al ristorante Ray’s the Steaks d Arlington, in Virginia. Tutto approvato dalla Cia, o ingenuità di una spia virtuale principiante?

Fonte La Stampa

Una spia sudcoreana ha rubato missili russi

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Il quotidiano sudcoreano Chosun Ilbo, che ha svelato questa storia, ha dichiarato che la sua veridicità è stata confermata dai rappresentanti del Servizio d’informazioni Nazionali (National Intelligence Service (NIS), i quali hanno fatto notare però i missili “risultavano essere non oltre che rottami”. I giornalisti russi sono riusciti ad accertare che gli organismi investigativi russi pure sono a conoscenza di questa storia e confermano, facendo notare che questo non è il primo caso quando alcuni rappresentanti dei “mestieri pacifici” della Corea del Sud svolgono “incarichi delicati” per conto dei servizi d’informazioni sudcoreane.

Per quanto riguarda l’imprenditore sudcoreano, citato dal quotidiano Chosun Ilbo con una lettera К. lui aveva avviato la sua attività imprenditoriale in Russia già nel 1996. La sua impresa aveva sede a Petropavlovsk-Kamchatsky e si specializzava in esportazione di rottami di ferro in Corea del Sud. Prima erano mezzi navali dichiarati fuori uso, ma nel 1997 il Ministero della Difesa russo ha rilasciato a K. l’autorizzazione per rottamazione e smaltimento dei missili in continentali balistici russi dislocati in Kamchatka, soggetti all’applicazione del Trattato sulla riduzione degli armamenti offensivi strategici stipulato con gli USA. Dando l’avvio a uno thriller spionistico.

Il servizio d’informazioni sudcoreano è venuto a conoscenza del progetto, mostrandovi un grande interesse. I rappresentanti dell’Agenzia per la pianificazione della sicurezza nazionale, come allora si chiamava allora il Servizio d’informazioni Nazionali (National Intelligence Service (NIS), si sono incontrati con К. chiedendogli di esportare un missile con minimi danneggiamenti. Di solito i missili venivano tagliati in piccoli pezzi alla presenza di un rappresentante USA. Secondo la sua confessione, К. ha fatto amicizia con il comandante della base e alcuni ufficiali del controspionaggio russo i quali, dietro il pagamento di 700000 dollari USA hanno chiuso un occhio sull’attività dell’intraprendente coreano. In seguito a tutto ciò K. nel 1998 è riuscito a portar via dalla base e trasportare in Corea, come se fossero rottami di ferro, pezzi di grandi dimensioni del corpo del missile e propulsori, e tornare in patria. Secondo quanto riferito da К. il successo della sua operazione sarebbe stato comunicato “ai massimi vertici” e il 13 marzo del 1999 l’imprenditore-spia ha personalmente ricevuto dal direttore del servizio d’informazioni sudcoreana la medaglia “Per un contributo particolare alla sicurezza dello stato” e il premio di 10000 dollari USA.

K. ha condotto altre due volte operazioni simili su incarico del servizio d’informazioni – nel dicembre del 2000 e nel novembre del 2001, esportando dalla Russia altri tre propulsori missilistici, altri pezzi dei missili e alcuni componenti missilistici.

“Per quanto ne so io, il missile è stato in seguito assemblato, esaminato, e i dati ricavati sono stati usati per la fabbricazione di un satellite sudcoreano”, – ha raccontato К. Servizio d’informazioni Nazionali (National Intelligence Service (NIS) ha chiesto a К. di rubare in Russia anche altri campioni di armi strategiche, ma lui, temendo per la sua incolumità, si è rifiutato.

E’ passato ad attività esclusivamente legale avviando il business turistico con la Russia, ma nel 2007 gli è stato vietato l’ingresso in Russia. Secondo le informazioni reperite da lui dai conoscenti negli ambienti militari russi, il motivo del divieto sarebbe legato ai sospetti di un suo coinvolgimento in attività spionistiche. Secondo il quotidiano Chosun Ilbo, К. sarebbe capitato sotto tiro per puro caso poiché in quel momento è scoppiato ben altro caso spionistico tra la Russia e la Corea del Sud. К. ha lasciato in Russia i beni per l’ammontare a 20 milioni di dollari USA cosicché il divieto d’ingresso per lui è diventato una catastrofe. In cerca di aiuto si è rivolto al Servizio d’informazioni Nazionali (National Intelligence Service (NIS) e al Ministero degli Esteri sudcoreano che non sono intervenuti.

Infine К. ha deciso di rivolgersi alla stampa e ha raccontato tutta questa storia.

Fonte Italian.Ruvr

Il fallimento dell’intelligence sudcoreana e il ruolo dell’America in Corea del nord

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“Con l’aumento delle tensioni e il test nucleare di febbraio”, dice al Foglio Evans Revere, direttore dell’Albright Stonebridge Group, “è chiaro che hanno la necessità di essere più vigili”. Per questo, secondo alcune fonti, attualmente sarebbero in stato di arresto a Seul almeno quindici spie nordcoreane. Ma è niente in confronto a tutto quello che i nordcoreani hanno potuto fargli sotto il naso per anni. I rifugiati, per esempio. C’è chi fa finta di scappare da Pyongyang ed è in realtà un alto ufficiale dai servizi nordcoreani (come Lee Kyung-hae, 46 anni, arrestata in Corea del sud nel giugno 2012), c’è chi scappa davvero, e una volta al sicuro, riceve minacce contro i propri familiari rimasti in nord Corea: “E’ una pratica molto diffusa”, dice al Foglio Scott Snyder del Council on Foreign Relations, “e su questo punto l’intelligence sudcoreana ha mostrato molte fragilità”. C’è poi il caso del ristorante di cucina nordcoreana a Seul: quando nel 2011 gli esattori delle tasse fecero un blitz per controllarne la contabilità, al posto degli scontrini fiscali trovarono le trascrizioni delle conversazioni di uomini d’affari sudcoreani che si sedevano ai tavoli, diligentemente redatte dalle ragazze che accompagnano i pasti con vari tipi di intrattenimento. La guerra di spie tra nord e sud è materiale per fiction (molto seguita la serie tv “Iris”, che parla di una coppia di agenti segreti, uno dei quali sospettato di fare il doppio gioco per il nord).

Se da una parte, fino a poco tempo fa, l’atteggiamento dei sudcoreani nei confronti delle minacce del nord era piuttosto derisorio, a oggi la chiusura della zona industriale di Kaesong, nata del 2004 a nord del 38esimo parallelo e che ospita oggi oltre 120 aziende sudcoreane – è una falsa notizia. Il polo industriale, infatti, non è stato chiuso, ha continuato a lavorare (e a produrre profitto). Ciò che ha fatto la Corea del nord è stato bloccare i sudcoreani che ogni mattino valicano la frontiera per andare a lavorare a Kaesong. A coloro che erano già all’interno del polo industriale non è stato impedito di tornare in patria. Diverso da quanto fece Kim Jong-il nel 2008, per esempio, quando espulse tutti i sudcoreani presenti a Kaesong. Inoltre, la decisione di Kim Jong-un è stata una reazione ai media che, secondo lui, avrebbero “ridicolizzato” il nord parlando di un doppio gioco di Pyongyang, sul piede di guerra ma attento a mantenere aperta la zona industriale condivisa con il sud.

Washington ha dato molto rilievo mediatico all’invio di bombardieri in Corea del sud. Una campagna di stampa che ha a che fare – anche – con la presenza delle basi militari americane in Corea del sud e Giappone. Sono in molti, infatti, nei Palazzi di Tokyo a mettere in dubbio l’opportunità della base americana di Osaka, senza contare le proposte di modifica della Costituzione giapponese degli ultimi mesi propugnate anche dal nuovo premier Shinzo Abe: secondo la Carta redatta nel Dopoguerra, il Giappone non potrebbe combattere una guerra se non direttamente coinvolto. Se Tokyo modificasse la Costituzione e fosse in grado, anche militarmente, di mantenere da solo lo status quo in Asia, allora la presenza militare americana sarebbe meno convincente. Il gioco di tensione di Pyongyang, in un certo senso, è vantaggioso anche per Washington che così giustifica non solo l’invio di un intero arsenale nei mari sudcoreani ma incrementa così anche i legami con la Cina – proprio ieri i ministri della Difesa di Stati Uniti e Cina, Chuck Hagel e Chang Wanquan, hanno discusso al telefono della crisi coreana. Subito dopo la telefonata, l’America hanno inviato una batteria di difesa missilistica nell’isola sudcoreana di Guam.

Aidan Foster-Carter, analista della Leeds University, notava il 29 marzo scorso sul Guardian come Bill Clinton vent’anni fa aveva preso molto seriamente l’ipotesi di bombardare il sito nucleare nordcoreano di Yongbyon, quello che l’altroieri Kim Jong-un ha annunciato di voler riattivare – era stato infatti fermato nel  2007 in cambio di 400 milioni di dollari in petrolio e aiuti alimentari. Quello che fece Clinton fu quantificare l’ipotesi di una guerra: un milione di morti, di cui centomila americani. Un prezzo troppo alto per una guerra che avrebbe, secondo l’ex presidente americano, “distrutto la Corea del nord”. I vertici di Pyongyang lo sanno bene, come sanno che un regime, privo della retorica militaristica che compatta il popolo, mostra le debolezze della gente comune ed espone al rischio di un colpo di stato.

Fonte Il Foglio

Contromisure elettroniche

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La maggior parte della aeronautiche militari del mondo utilizzano le ECM per proteggere i propri mezzi aerei, così come molte navi militari sono dotate di sistemi di guerra elettronica che comprendono le contromisure. Recentemente, alcuni carri armati di nuova generazione impiegano le ECM per ingannare i missili a guida laser o infrarosso. I sistemi di contromisure elettroniche vengono frequentemente installati sui sistemi d’arma che impiegano la tecnologia stealth, contribuendo al raggiungimento dello scopo di non consentire ai nemici l’individuazione. Le ECM offensive prendono spesso la forma del cosiddetto radar jamming, il “disturbo radar”, mentre le ECM difensive includono le tecniche di intensificazione dell’eco radar e di disturbo dei sistemi di guida dei missili in arrivo.

Fonte Wikipedia

Siria/ Tensione fra Mosca e Ankara dopo intercettamento aereo

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E una fonte dell’export di armi russo ha dichiarato che “nè armi nè sistemi o componenti di equipaggiamento militare erano o avrebbero potuto essere su quell’aereo”, mentre il presidente russo Vladimir Putin ha cancellato la sua visita di metà ottobre in Turchia.

Ieri il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, ha dichiarato che l’intercettamento del volo civile è stato deciso perchè c’erano informazioni fondate secondo le quali l’aereo trasportava un carico di armi in violazione delle norme internazionali. Il ministro ha spiegato che a bordo sono stati trovati elementi “degni di biasimo”. Secondo la stampa turca vi sarebbero stati 12 grandi pacchi contenenti materiale utilizzabile per comunicazioni militari.

Intanto stamani è stato ufficializzato dal portavoce del Cremlino il rinvio “a data da destinarsi” della visita del presidente russo Vladimir Putin ad Ankara, prevista per il prossimo 14 ottobre. La notizia era circolata in via non ufficiale già ieri. Se secondo la stama turca il rinvio è dovuto a “motivi burocratici”, il quotidiano russo Vedomosti cita una fonte del Cremlino secondo la quale nella vicenda turco-siriana “sarebbe sbagliato dire che la Russia sostiene una parte. La presenza del presidente sul territorio di una delle due parti in conflitto potrebbe essere male interpretata da entrambi”.

Fonte TMNews

11 settembre, Al Qaeda torna a minacciare “Usa si preparino a nuovo olocausto”

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Secondo quanto riferiscono i siti di intelligence Usa, Gadahn ha respinto le affermazioni del presidente americano Barack Obama secondo cui gli Stati Uniti non sono in guerra con l’Islam perché “l’America è chiara nella sua opposizione all’Islam come sistema politico”. In riferimento ai raid condotti dai droni americani, l’esponente di al-Qaeda ha detto: “Oggi, i musulmani americani vengono uccisi nello Yemen, domani saranno uccisi (dal governo americano, ndr) a New York e Los Angeles. Siate pronti a un olocausto”.

Nel video, dove appaiono anche altri funzionari di al-Qaeda quali Ustadh Ahmad Farooq e Maulvi Asim Umar, si afferma inoltre che gli Stati Uniti stanno subendo sconfitte su diversi fronti. Il filmato, che ha una durata di 90 minuti, è stato trasmesso in arabo, inglese e urdu. Il video è stato trasmesso in Rete il giorno

 

dopo della diffusione del filmato in cui Zawahiri elogia Abu Yahya al-Libi, il suo ultimo vice e capo della propaganda jihadista, ucciso a giugno in seguito a un raid condotto da un drone Usa, Gadahn, noto anche con il nome di battaglia di “Azzam l’americano”, è nato nel 1978 nel sud della California. Dal 2004 è apparso in diversi video della rete terroristica di al-Qaeda. Il medico egiziano Zawahiri ha preso le redini del gruppo dopo la morte del suo fondatore, Osama bin Laden, ucciso dalle forze speciali americane nel maggio 2011.

Fonte Repubblica

Il ritorno della Guerra fredda Hillary sfida Putin sulla Siria

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Una risoluzione del genere, ha risposto Clinton al collega Lavrov, «senza mordente», sarà ignorata dal rais Assad. «Dobbiamo essere realisti – ha spiegato – non ha senso far passare una risoluzione senza mordente perché abbiamo visto come Assad di volta in volta ignori e continui ad attaccare il proprio popolo».Certo, Clinton e Lavrov si sono lasciati con le solite note positive: il segretario di Stato americano ha promesso che continuerà a lavorare con il collega affinché il piano di Ginevra possa in qualche modo essere presentato a New York, al Palazzo di Vetro quando, questo mese, si riunirà l’Assemblea generale e la crisi della Siria sarà la questione più discussa. Per l’America, però, ha chiarito Clinton, una risoluzione senza conseguenze per il presidente Assad non ha nessuna ragione di esistere. Washington, assieme alla maggior parte della comunità internazionale, chiede la fine del regime di Assad. Mosca non lo ha mai fatto e Lavrov, da Vladivostok, accusa gli Stati Uniti: «I nostri partner americani preferiscono misure come minacce, maggiori pressioni, nuove sanzioni su Iran e Siria. Non siamo d’accordo con questo».Le fratture all’interno del Consiglio di sicurezza, le divisioni tra Stati Uniti, Europa, la maggior parte dei Paesi arabi da una parte e Cina e Russia dall’altra rendono vani gli sforzi della comunità internazionale di trovare una soluzione alla crisi siriana, alle violenze che da 18 mesi vanno avanti in diverse parti del Paese. Soltanto ieri, secondo i calcoli degli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, in Siria sarebbero morte più di 50 persone. Si è combattuto tra l’altro ad Aleppo, Homs, Damasco.Dall’inizio della rivolta, secondo il portavoce dell’Osservatorio, le vittime sarebbero oltre 27.300, di cui più di 19mila civili (il dato comprenderebbe anche i civili che hanno preso le armi). Le forze del regime dicono di avere perso almeno ottomila soldati. Davanti a questa situazione, Lakhdar Brahimi, il diplomatico algerino successore di Kofi Annan nella difficile posizione di inviato delle Nazioni unite e della Lega araba per la crisi siriana, ha ammesso di essere «spaventato» dalla propria missione. Annan ha lasciato poche settimane fa, frustrato dall’impossibilità di trovare una via percorribile. Brahimi ha iniziato ieri il suo primo viaggio nella regione. Oggi è al Cairo, al quartier generale della Lega araba, per organizzare la sua prima visita a Damasco, nei prossimi giorni. E secondo l’agenzia di stampa iraniana Mehr, il diplomatico potrebbe anche volare a Teheran, il primo e più potente alleato e sostenitore del regime siriano. La Repubblica islamica accusa Turchia, Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar, Paesi che hanno parlato in favore dell’uscita di scena di Assad e che sostengono le forze di opposizione, di fomentare instabilità in Siria.

Fonte Il Giornale

La CIA recluta terroristi per rovesciare Assad?

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Oggi, con la morte (?) del fondatore di Al Qaeda e il rovesciamento di diversi scenari politici internazionali, Al Fadhli starebbe stringendo accordi con emissari segreti, inviati da Langley, e con la mediazione di agenti segreti dei servizi sauditi e turchi, per inviare almeno 5.000 jihadisti in territorio siriano allo scopo di coordinare l’azione dei ribelli anti-Assad.
Secondo i media meriorientali, il fatto sarebbe spiegabile con l’improvviso ritiro di uomini armati dalla regione yemenita di Abyan e con altre indiscrezioni secondo le quali numerosi militanti farebbero riferimento a se stessi come “difensori della sharia”, e si starebbero unendo ad altri gruppi di combattenti di Al Qaeda infiltrati in Siria attraverso Libia, Iraq e Turchia, con il sostegno della NATO e degli Stati del Golfo.
Intanto, il governo yemenita ha denunciato Al-Fadhli come uno dei terroristi più pericolosi del paese, secondo il “New York Times”. Anche il quotidiano britannico “The Guardian” ha rivelato che i combattenti di Al Qaeda sarebbero diretti da ribelli siriani a cui insegnano come costruire bombe.

Fonte Ogginotizie

Come al Qaeda spia l’esercito israeliano

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I TERRORISTI SCOPRONO IL ‘PUNTO DEBOLE’ – Il miliziano che parla nel video nota come le violazioni del confine di Israele siano aumentate solo di recente e che i jihadisti sono riusciti a trovare un punto debole al confine vicino a una zona popolata dagli israeliani. Nel video vengono mostrate riprese di auto israeliane vicino alla recinzione, compresi veicoli delle pattuglie dell’esercito.

L’ATTENTATO – Il 18 giugno scorso una cellula terroristica e’ riuscita a entrare nel territorio israeliano dal confine meridionale lanciando una bomba e aprendo il fuoco contro i lavoratori del posto di frontiera. Uno di loro, Said Phashpashe, 36 anni, di Haifa, e’ stato ucciso. L’esercito israeliano ha risposto al fuoco uccidendo i due terroristi che avevano sferrato l’attentato. Alcuni giorni dopo il Consiglio della Shura dei Mujahideen, legato ad al-Qaeda, ha rivendicato la responsibilita’ dell’attacco in un video.

LA CATTURA DEGLI JIHADISTI – Nell’ultimo clip diffuso, invece, vengono mostrati i due terroristi uccisi dagli israeliani mentre si allenano giorno e notte per condurre l’attacco. Erano in possesso delle foto di agenti dell’intelligence israeliana e di quelle che documentano un’ispezione condotta in una zona di confine. Viene anche riferito di una riunione con un loro leader mascherato, che ha dato le istruzioni su come colpire l’area. Stando al video, i terroristi volevano far esplodere una bomba vicino a un’auto dell’esercito e poi far esplodere un razzo prg vicino a un altro veicolo. Si vede uno dei terroristi mentre prepara l’esplosivo e si augura che in futuro possa essere condotti piu’ attentati kamikaze e imboscate contro gli ebrei.

“SIAMO COME MISSILI” – ‘Siamo una nazione che non sa cosa significa l’umiliazione – dice un altro terrorista ritratto nel video – Siamo come i missili che non avete mai avuto e che mai realizzerete’. Il video di conclude con un messaggio precedentemente registrato nel quale i due terroristi annunciano le loro intenzioni omicide. ‘Porteremo presto a compimento un doppio attentato suicida per colpire le forze ebraiche nemiche al confine con l’Egitto e che occupano la Palestina’, recitano i due.

Fonte Giornalettismo