Nulla però che sia fuori dalla portata protettiva di un buon antivirus. In questo caso l’abilità dell’hacker è aver individuato un contesto in cui gli utenti ritengono la rete sicura, cioè negli alberghi che offrono connettività. E magari prestano meno attenzione a cosa cliccano.
Proprio così risponde Jenny Shearer, portavoce FBI. “Non abbiamo purtroppo altri consigli da offrire all’utenza su questa particolare minaccia”. Mutuata da quanto gli esperti di sicurezza ripetono da un po’, ovvero che le connessioni alberghiere possono nascondere insidie. Ma con ogni probabilità, l’FBI non comunica che l’hacker alberghiero non un problema solo americano: attacchi di questo tipo sono presumibilmente in espansione in tutto il mondo. Se la sicurezza in mobilità è prioritaria, oltre a proteggere il sistema con l’antivirus, è raccomandabile l’utilizzo di una Vpn aziendale se ci si connette a strutture professionali, quando non direttamente una connessione esterna all’albergo con una chiavetta, un hotspot mobile o il “tethering” da cellulare.
Fonte Repubblica