32 vittime della Costa Concordia: Oggi sono otto mesi esatti dalla tragedia della Costa Concordia ma all’appello mancano ancora due delle 32 vittime. Il cadavere di Maria Grazia Trecarichi, 50enne di Siracusa assieme ad un altro corpo, non è ancora stato trovato. Italiani, tedeschi, americani, francesi, la sera del 13 gennaio scorso sono morti nell’urto della nave da crociera sugli scogli de Le Scole davanti all’isola del Giglio, nel cuore dell’Arcipelago toscano. Per il naufragio è stato in carcere e poi agli arresti domiciliari, il comandante Francesco Schettino che solo due settimane fa, dopo la revoca degli arresti, è stato fotografato durante una gita in barca. Su di lui grava ancora una misura disposta dal Tribunale di Grosseto:l’obbligo di dimora. La procura maremmana ha aperto anche un nuovo fascicolo a suo carico per stabilire se abbia violato o meno le misure giudiziarie. Ma la procura dovrà stabilire se le responsabilità sono da imputare solo al comandante o anche ad altri membri dell’equipaggio e della società armatrice.
Roberta Ragusa (Pisa): Mentre la Costa Concordia si piegava su se stessa ed era in corso l’evacuazione della nave, a Pisa scompariva nel nulla una giovane mamma: Roberta Ragusa. Dal 30 luglio scorso i carabinieri del reparto speciale Tuscania di Livorno, assieme ai colleghi di Pisa, stanno ancora cercando il cadavere della donna nelle aree impervie delle colline pisane. Perché dopo tanti mesi le ricerche si sono concentrate proprio in quei boschi? Sono zone che potrebbero essere conosciute da Antonio Logli, il marito della donna, e al momento, unico indagato per omicidio volontario.
Gli inquirenti si sono concentrati su luoghi che Logli potrebbe aver frequentato durante il suo lavoro di elettricista alla Geste, municipalizzata del Comune di San Giuliano.
Alcuni di questi luoghi sono già stati ispezionati dai carabinieri del nucleo investigativo e del reparto crimini violenti anche con l’ausilio delle unità cinofile. Purtroppo durante quei sopralluoghi non fu trovato niente che potesse essere ricondotto a Roberta Ragusa. Da alcuni mesi due analisti del Reparto crimini violenti sono concentrati sui racconti delle amiche e dei parenti di Roberta per cercare di tracciare un profilo psicologico della vittima e comunque per delineare il contesto a cui apparteneva. Tra le piste investigative: l’omicidio, il suicidio e allontanamento volontario. Ma ad oggi, la prima e’ quella che convince di più gli investigatori. Gli indizi a carico di Antonio Logli, però, sono veramente pochi e anche le analisi scientifiche dei Ris non hanno portato elementi significativi all’inchiesta.
Melania Rea e Rossella Goffo: La morte di Melania Rea si intreccia con un nuovo giallo: la morte di Rossella Goffo, la funzionaria della prefettura di Ancona scomparsa il 4 maggio del 2010 e trovata cadavere il 5 gennaio 2011 ad Ascoli Piceno, nel bosco dell’Impero a Colle San Marco. Ad accomunare i due casi il movente passionale, che secondo l’accusa, avrebbe portato anche Salvatore Parolisi ad uccidere la moglie Melania a Ripe di Civitella, prima di simularne la scomparsa a Colle San Marco. Proprio in questo bosco di Colle San Marco, Parolisi in carcere per l’omicidio della moglie e sul quale gravano anche le accuse di presunte molestie sessuali sulle soldatesse, sostiene di aver visto viva, per l’ultima volta, la moglie Melania. Ma solo pochi giorni fa in tribunale a Ascoli Piceno sono state effettuate nuove perizie sulle telefonte che ci sarebbero state tra Rossella Goffo e il suo presunto assassino, il tecnico della Questura di Ascoli Piceno, Alvaro Binni. Secondo l’accusa sarebbe stato lui ad ammazzare Rossella proprio sul pianoro, seppellendone poi il cadavere sotto pochi centimetri di terra Dietro l’omicidio di Rosella Goffo, originaria di Rovigo, un marito medico e due figli grandi, ci sarebbe la relazione sentimentale travagliata avuta con il poliziotto, a sua volta sposato e padre. Secondo la procura, Binni voleva troncare a tutti i costi quel legame ma Rossella non voleva saperne: per questo l’uomo l’avrebbe attirata in una trappola, con la promessa di andare a vivere insieme, e uccisa.
Yara Gambirasio(Brembate) :E’ stato identificato un intero paese, un intero Comune, che dire, quasi un’intera provincia ma dell’assassino della dolcissima Yara, ancora niente. La Procura sembra brancolare nel buio e procedere senza un metodo investigativo ben chiaro. Più che un giallo perfetto, in questo caso sarebbe da chiedersi se sono “perfetti” o capaci gli inquirenti e i metodi investigativi adottati nell’immediato della tragedia. E se davvero aldilà delle dichiarazioni abbiano davvero fatto tutto quello che hanno detto. “Le indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio proseguono senza sosta, anche in vista della scadenza dell’ultima proroga, tra sei mesi”, si affrettano a precisare ancora una volta dalla Procura. In queste settimane sono i carabinieri del Ros, il Raggruppamento operativo speciale, ad ascoltare alcuni minorenni che abitano nella zona di Brembate Sopra, il paese della provincia di Bergamo dove la tredicenne scomparve il 26 novembre 2010. Il suo corpicino fu ritrovato in un campo di Chignolo d’Isola, a 10 chilometri di distanza, dal luogo dove fu vista viva l’ultima volta.
In particolare gli inquirenti stanno ascoltando alcuni amici della sorella maggiore di Yara, Keba, alla ricerca di “qualche nuovo spunto investigativo” e per verificare alcuni aspetti già vagliati nei mesi immediatamente successivi la scomparsa della ginnasta tredicenne. Un lavoro, quello del Ros, che affianca l’attività dei loro colleghi del Ris di Parma, intenti ormai da un anno e mezzo a prelevare campioni di DNA da confrontare con la traccia ritrovata sul cadavere di Yara e ritenuta “altamente indiziaria” dagli inquirenti. Intanto le anagrafi comunali di una dozzina di paesi della provincia di Bergamo sono finite nuovamente nel mirino degli inquirenti. I comuni hanno ricevuto via e-mail delle specifiche richieste da parte della Squadra mobile della questura: si tratta di paesi compresi tra l’hinterland e la media pianura bergamasca, tra cui Zanica, Verdello, Verdellino, Osio Sotto, Osio Sopra, Treviolo e Levate. La polizia vuole infatti acquisire l’elenco completo di tutti i residenti nati tra il 1930 e il 2000, vale a dire tutti i cittadini di eta’ compresa tra i 12 e gli 82 anni. L’obiettivo? Cercare qualcuno con determinate caratteristiche su cui effettuare verifiche, compresa magari la prova del Dna. Ad oggi, nonostante degli sforzi investigativi che hanno dell’incredibile, l’unico ad essere stato sospettato per la morte di Yara è stato il marocchino Mohamed Fikri.
Donato Bergamini(Cosenza): E’ un altro caso irrisolto e misterioso che è tornato alla ribalta dell’interesse pubblico grazie alla trasmissione “Chi l’ha visto?” Il 18 novembre 1989, Donato Bergamini, giocatore del Cosenza Calcio viene trovato morto sulla strada statale 106 Jonica nei pressi di Roseto Capo Spulico in provincia di Cosenza. All’epoca gli inquirenti parlarono di suicidio e archiviarono il caso. Infatti, secondo le testimonianze, Bergamini si sarebbe buttato tra le ruote di un camion che l’avrebbe trascinato per circa 60 metri. Il 14 giugno 2011, però, viene richiesta la riapertura dell’inchiesta come omicidio volontario. Il 29 giugno 2011 la procura di Castrovillari riapre ufficialmente le indagini in virtù di nuove prove.
Ed infatti il 22 febbraio scorso i RIS di Messina hanno depositano presso la Procura della Repubblica di Castrovillari la loro perizia, secondo la quale, Bergamini era già morto quando fu investito. I RIS hanno infatti potuto constatare, attraverso diverse simulazioni, che se il giovane calciatore si fosse “gettato a pesce” sotto il camion, come riferì la fidanzata, le scarpe , gli abiti, la catenina e l’orologio avrebbero subito gravi danni che invece non riportarono Non solo, a distanza 23 anni si parla di feroci mutilazioni sul corpo del giocatore del Cosenza. Secondo i medici pare che Donato Bergamini, fosse stato evirato e che fosse morto per dissanguamento a seguito di queste ferite. Questo aspetto fu già stato evidenziato in una perizia del ’90 firmata dal professor Francesco Maria Avato ma nessuno ebbe il coraggio di indagare.
Fonte Panorama