Poliziotti o criminali? La guerra sporca all’italiana

La tecnologia moderna, la possibilità di filmare tutto, alla fine non si è rivelata solo una forma di controllo sociale; sul versante opposto, quello della piazza, della protesta democratica, è diventato uno straordinario mezzo di denuncia.

C’è poco da dire: se dalla sede del Ministro della Giustizia vengono sparati lacrimogeni su una manifestazione contro il governo e i tagli alla scuola, o il governo se ne va a casa o qualche capo dicastero – la Severino alla Giustizia o la Cancellieri agli Interni – se ne deve andare. Altrimenti ne risponde direttamente il capo della Polizia. Sono passati ormai 11 anni dalla guerra sporca, la ‘guerra sucia’ per dirla in stile argentino per chi è di corta memoria, che si svolse a Genova, ma nulla sembra cambiato. Già negli anni scorsi alcuni filmanti mostravano come, di fronte alle manifestazioni studentesche, la polizia, di fatto, collaborasse con esponenti dell’estrema destra che si infiltravano nei cortei nelle piazze delle città italiane.

C’è un elemento di neofascismo dilagante nella polizia e nelle forze di sicurezza del nostro Paese? A questo interrogativo è ungete che si risponda mentre allo stesso tempo, va detto senza timori, la democrazia – se accadono cose di questo tipo – è di nuovo in pericolo in Italia. Non abbiamo alcuna vicinanza politica o culturale con chi, col volto coperto dal passamontagna va in piazza per diffondere il caos, per provocare violenza e paura, ma ciò non toglie che ogni episodio del genere – ormai da diversi anni – viene colto dalle forze dell’ordine non per cercare o isolare le frange violente (problema che una polizia degna di questo nome avrebbe saputo risolvere già da diversi anni) , ma per devastare e colpire le manifestazioni democratiche. Nessun sostegno, pensiamo, possa essere dato a un governo che, di fronte a fatti del genere, non reagisca con la dovuta forza e trasparenza.

Fonte Globalist