Dopo la fine della guerra fredda si è affermato un nuovo ordine mondiale, che ha avuto al suo centro quello che viene chiamato il compromesso, il matrimonio fra la moneta e la spada, un ordine nel quale i due pilastri erano da un lato la finanza, dall’altro le forze armate. Ora concentrandosi sull’aspetto finanziario, questo nuovo ordine mondiale presupponeva una serie di regole non scritte, fra cui la costante primazia americana, attraverso il dollaro che acquisiva funzioni importanti in questo senso e presupponeva una libertà di circolazione dei capitali che avrebbe avuto il suo cuore in Wall Street. Insomma il nuovo ordine monopolare era costruito sull’accordo fra Wall Street e il Pentagono. Questo ordine è durato, grosso modo, una quindicina d’anni. Diciamo dal 1993 al 2008. Con il 2008 la crisi da un lato ha scosso l’ordine finanziario mondiale, e l’insuccesso sostanziale degli americani in Afghanistan e Iraq, dove la guerra ha dato risultati sproporzionati rispetto al loro costo economico, ha scosso anche il pilastro miliare. Nel frattempo la Cina è molto cresciuta. C’è stata una ripresa dell’Armata Rossa molto importante. Una ripresa della politica degli armamenti in tutta l’Asia. Ed ecco che lo scontro tende a polarizzarsi sull’aspetto finanziario. Questo è il cuore del problema. Oggi sulla questione finanziaria Si sta verificando una guerra per stabilire l’egemonia.
Un ruolo determinante nella strategia della guerra, fin dai tempi del generale cinese Sun Tzu (l’autore dell’arte della guerra), lo hanno sempre avuto i Servizi d’Intelligence. Oggi nella “guerra economica” il loro ruolo non è diminuito anzi assume maggiore “intensità”, è così?
Certo. Basta una riflessione molto semplice, per capire perché in un “ordine” del genere i servizi segreti la fanno da padrone. Se io devo comprare il grano e sono uno speculatore io voglio sapere prima degli altri se il grano aumenterà o diminuirà di prezzo, perché se aumenterà mi conviene comprare “adesso””, se diminuirà mi converrà vendere i contratti. Avere informazione è fondamentale. I servizi segreti si chiamano servizi di informazione e sicurezza, quindi il primo che può farmi sapere qualcosa sono proprio i servizi segreti. Poi la loro presenza in alcune centrali economiche, riescono in qualche modo ad influenzare o alterare l’apprezzamento sul mercato dei titoli finanziari e soprattutto delle valute. Questo probabilmente sarà l’anno di una guerra valutaria molto pesante, iniziata con la manovra sullo yen da parte del governo giapponese. Noi dal 1971 abbiamo “devitalizzato” l’ordine monetario, per cui non sono più le scorte d’oro che fanno garanzia alle monete e in qualche modo ne danno la misura del potere d’acquisto. Dal 1971 abbiamo stabilito un ordine in base al quale le monete vengono valutate in base ad un apprezzamento reciproco, quindi hanno delle parità estremamente mobili, mentre prima le parità erano abbastanza fisse e mutavano molto lentamente. Questo ha il suo esito: per esempio se lei valuta che cosa succede: abolirà le esportazioni ma pagherà di più le importazioni. Qui è evidente che il controllo dei mercati, addirittura nell’ordine della giornata, è determinante per stabilire i margini di guadagno e perdita di ciascuno. I giapponesi hanno iniziato con la svalutazione con le misure economiche verso la Cina, però questo ha dei risvolti anche per l’Europa. Però come dice Rubini se svalutiamo tutti insieme rimaniamo tutti al punto di prima ma in più c’è una svalutazione del costo delle materie prime. Quest’anno minaccia di essere un anno molto turbolente da questo punto di vista.
In questi anni si è assistito ad una crescita notevole dei servizi d’intelligence “privati” (vedi in particolare Usa). Qual è la situazione in Italia e come sono i rapporti con i servizi statali?
I servizi segreti “privati” nella grande maggioranza dei casi sono fatti da ex agenti dei vecchi segreti statali o di particolari corpi di polizia, e si occupano ufficialmente della sicurezza, quindi per esempio tutela dal furto dei brevetti, difesa dei dirigenti e del management da eventuali attentati. In realtà poi hanno compiti d’informazione come qualunque altro servizio segreto. Naturalmente i servizi segreti privati tendono a costituire una comunità con i servizi segreti statali del proprio paese: c’è uno scambio di informazioni che passa attraverso le conoscenze di vecchi colleghi. In Italia questo è successo con la Telecom e forse la Mediaset ha qualcosa di questo genere, non esiste però una cosa paragonabile alla Kroll americana, che è il “servizio segreto” di Wall Street. Questo in Italia non lo abbiamo. Sulla guerra di intelligence siamo molto arretrati rispetto agli altri. Sia privati che pubblici.
Veniamo all’Italia. Recentemente i Servizi italiani hanno inviato al Copasir, la notizia è apparsa sulla Repubblica del 10 gennaio scorso, un rapporto sulle infiltrazioni della Cina in ambiti colpiti dalla crisi (dalle speculazioni immobiliari, vedi le aree della ex Falck di Sesto Giovanni, alle Banche, alla Nautica da di Porto). Le chiedo oltre alla Cina quali sono secondo lei gli altri possibili “agenti di infiltrazione” per conto di Stati esteri?
Quella che è una cosa che è determinata dalle norme che abbiamo sottoscritto: la liberalizzazione degli scambi internazionali, della globalizzazione, comporta un problema di sicurezza. Però non è che se lo fanno i francesi, o gli americani è diverso se lo fanno i cinesi. Io ho l’impressione che si dia un allarme forse più per favorire qualche investitore italiano sulle privatizzazioni che non reale, quello che fanno i cinesi è quello che fanno tutti.
Le Armi e l’Energia?
Vorrei ricordare che ci fu grande scandalo cinque anni fa quando capitali stranieri cercavano di accaparrarsi l’equivalente dell’Enel francese e la Francia disse non se ne parla nemmeno per la sicurezza. Tutti si scandalizzarono. Invece poi venne fuori che problemi di sicurezza ci sono e questo problema lo avremo tanto sull’Enel, quanto su Eni e Finmeccanica soprattutto.
Su questo fronte come giudica, in questo ambito, la professionalità dei Servizi Italiani? Ci sono lacune?
Non mi pare che siamo messi bene, direi che c’è un livello di professionalità molto al di sotto delle vicende, poi ovviamente giudico dai risultati esterni, perché non so quello che c’è dentro, le operazioni, ma in generale l’impressione che si ricava, anche da quel rapporto che lei ha citato, che denota una preparazione piuttosto discutibile di chi lo ha elaborato.
Fonte RaiNews24