Servizi segreti – Intervista all’ex capo dei Servizi segreti Bruno Contrada

L. PACE: Quali erano le funzioni del SISDE?

B. CONTRADA: … Il SISDE è il servizio per l’informazione… per la sicurezza democratica, per la sicurezza interna. Dopo l’evolversi della situazione politica del tempo, caratterizzata dai fenomeni del terrorismo nero e rosso, la criminalità organizzata, specialmente la mafia aveva assunto una dimensione tale da costituire un pericolo per la democrazia, per lo Stato, per la Repubblica. Si ritenne che una parte, e dal punto di vista soggettivo, cioè del personale che dei mezzi a disposizione, dovesse essere impiegata per la lotta a questa forma di eversione non politica ma criminale. Io fui impegnato in prima persona e in primo luogo nella riorganizzazione del servizio in funzione anticrimine organizzato, antieversione criminale; con l’incarico di costituire presso i centri SISDE delle località più impregnate di mafia, dalla Sicilia alla Calabria, alla Campania, di organizzare dei nuclei particolari specializzati che fossero in grado di contrastare, a fianco agli organi di polizia giudiziaria, la lotta al crimine organizzato.
All’epoca, si stava costituendo un nuovo organismo di polizia che avrebbe coperto anch’esso questo compito particolare. La DIA. Una struttura che per temi operativi potremmo definire concorrenziale.
L. PACE: Il rapporto DIA – SISDE, secondo lei, era dunque un rapporto concorrenziale. Non c’era collaborazione?

B. CONTRADA: Nei 10 anni che sono stato al SISDE ho collaborato con l’arma dei carabinieri e la polizia di Stato, specialmente nel periodo in cui ho diretto i centri di Roma e del Lazio ed ebbi l’incarico di occuparmi in maniera particolare proprio del crimine organizzato.. principalmente con l’arma dei carabinieri. Non ho avuto nessun rapporto con la DIA. Della necessità di un organismo di polizia che si occupasse prevalentemente ed esclusivamente di crimine organizzato, ne avevo parlato in una mia informativa del 1982… quasi dieci anni prima che nascesse la Dia…

L. PACE: Castel Utveggio, indicato in passato come centro operativo del Sisde , dal quale si disse potesse essere stato usato il telecomando che innescò la carica esplosiva che provocò la strage di via D’Amelio, nella quale morirono il Giudice Borsellino e la sua scorta, era davvero una sede dei servizi segreti?

B. CONTRADA: Assolutamente no. La verità che al Castello Utveggio c’è il CERISDI, un centro di formazione per i dirigenti della regione siciliana. Il Prefetto Verga, che era stato per circa un anno Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la mafia dopo il Prefetto Emanuele De Francesco e dopo il Prefetto Riccardo Boccia, quando fu sostituito da Domenico Sica, magistrato della Procura della Repubblica di Roma fatto Prefetto e nominato Alto Commissario, venne data la presidenza del CERISDI che aveva sede nel Castello Utveggio. Verga chiese al SISDE di portarsi con lui come segretario particolare, come guardia del corpo, come uomo di fiducia, un impiegato (era un segretario) del SISDE che aveva lavorato con lui quando era Alto Commissario. Questi evidentemente aveva mantenuto rapporti con i suoi colleghi del centro SISDE di Palermo con cui io non avevo niente a che fare perché in quegli anni ero a Roma da parecchio tempo e nel periodo della strage Borsellino era il colonnello dei carabinieri Ruggero, molto legato al Procuratore della Repubblica Caselli, il responsabile del SISDE. L’equivoco nacque dunque dalla presenza a al Castello Utveggio di questo collaboratore di Verga che aveva mantenuto rapporti con i suoi ex colleghi del SISDE . Il centro SISDE di Palermo non aveva nessuna sede occulta, segreta o ufficio distaccato al Castello Utveggio. Questo aspetto, è stato oggetto di indagini dopo che un consulente tecnico della procura aveva profilato l’ipotesi che dal Castello Utveggio fosse partito il comando dell’esplosione dell’automobile (strage via D’Amelio – ndr) …. questo è stato escluso completamente dalle sentenze che sono state emesse sulla strage Borsellino.
L. PACE: Lei ritiene possibile che in quegli anni potessero esistere strutture che operavano come mondi paralleli allo stesso SISDE, come appurato con la presenza di Gladio o come accadeva negli Stati Uniti dove oltre ai servizi ufficiali operavano agenzie alle quali venivano demandati compiti “diversi” da quelli istituzionali?
B. CONTRADA: In dieci anni di servizio al SISDE non ho mai avuto notizie di organismi del genere che operassero in maniera parallela ai servizi ufficiali. I servizi di sicurezza come il SISDE e il SISMI, potevano avere tanti difetti ma non quello di lavorare con – o per – mondi occulti…. mi sono sempre occupato di criminalità organizzata. Ho svolto la mia attività informativa per combattere il crimine organizzato non soltanto operando sulla mafia, ma anche sulla camorra, sulla ndrangheta in Calabria, in Campania, in Roma nel Lazio. Di Gladio so tutto quello che sanno i cittadini italiani che leggono i giornali o che hanno letto i giornali. Non ho mai avuto notizie diverse da quelle pubblicate dai giornali… Venni a conoscenza di Gladio quando, se non ricordo male, il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti dichiarò che c’era una struttura di cui si era interessato anche Cossiga quando era sottosegretario all’interno.
(In merito all’esistenza di strutture parallele, va evidenziato come gli Stati Uniti abbiano utilizzato circa 12.000 unità presso strutture non direttamente riconducibili al governo americano, in attività di intelligence o alle stesse connesse. All’inizio degli anni settanta, al tempo dello scandalo Watergate, vennero fuori le attività di spionaggio interno e i tentativi di uccisione di leader stranieri da parte della CIA. Lo scandalo che ne nacque, portò a misure quali il divieto alla CIA di assassinare leader stranieri e lo spionaggio di cittadini o organizzazioni statunitensi all’interno della nazione. L’ostacolo venne aggirato con la creazione di strutture parallele non governative, il cui controllo, proprio per evitare connessioni, sfugge agli stessi servizi ufficiali. Appare assai probabile a chi scrive, che la stessa cosa sia potuta accadere in Italia, laddove strutture quali Gladio o la cosiddetta “Falange Armata” potrebbero aver operato al di fuori dei servizi di sicurezza. Se così fosse, lo stesso Contrada, nonostante il ruolo ricoperto nel SISDE, poteva esserne all’oscuro – Nota di Gian J. Morici).
L. PACE: Qual era il livello della sua posizione gerarchica nel SISDE?
B. CONTRADA: Sono stato indicato come il numero 2 del SISDE, senza che lo fossi mai stato. Prima di me c’è ne erano altri di funzionari di grado e di incarichi più elevati del mio. C’erano i caporeparto . Io non sono mai stato caporeparto. Però a livello mediatico faceva comodo indicarmi non come dirigente generale della Polizia di Stato o come commissario o come questore, o come funzionario di polizia distaccato dei servizi, bensì agente segreto 007, numero 2 del SISDE.. Questo faceva, come dire, impatto mediatico. Come lei sa, i servizi segreti sono stati da sempre , e non soltanto in Italia, motivo di interesse, di curiosità… Tutto quello che si diceva sui servizi segreti, vero o di fasullo che fosse, faceva notizia… I nostri servizi sono controllatissimi. Sia dalla magistratura che in sede politica. Basti pensare che c’è un comitato parlamentare il COPASIR che controlla l’operato dei servizi segreti, i cosiddetti segreti, perché i nostri sono servizi di sicurezza non sono segreti. L’ho detto anche nel mio libro perché per me il vero servizio segreto è il Mossad. A completare questo controllo, c’è quello mediatico operato dalla stampa

L. PACE: A proposito di coinvolgimenti di presunti 007, si è tanto parlato del cosiddetto “ faccia da mostro”, indicato anche nella strage di via D’Amelio. Qualche ipotesi, per lo più giornalistica, ha individuato questa figura in Aiello, un agente della polizia in pensione.

B. CONTRADA:
Aiello? Faccia di mostro. Aiello? Si è parlato di un agente segreto con la faccia di mostro ma non si è mai saputo chi fosse. E questo è come il signor Franco o il sig. Carlo di cui parla Ciancimino (Massimo – ndr) che dice quell’agente segreto che aveva rapporti con lui che era di collegamento con la mafia.. Non si è mai saputo e non si sa se è un’invenzione di Ciancimino oppure se “faccia di mostro” è una persona che esiste effettivamente. Io non ho mai conosciuto nessun appartenente al servizio, nei cui ranghi ho prestato servizio per circa 10 anni, che avesse dei caratteri somatici o di bruttezza orrenda tale da poter essere definito faccia di mostro.

(La figura di “faccia da mostro”, oltre che nelle vicende relative alla strage di via D’Amelio, compare nel delitto dell’agente Nino Agostino e della di lui moglie. Una storia sulla quale torneremo a breve Gian J. Morici).

L. PACE: A seguito del processo “Stato-Mafia”, torna di grande attualità storia dell’agenda rossa di Borsellino…

B. CONTRADA: Si, l’anonimo che dice che l’agenda rossa l’ha presa un carabiniere… fu pubblicata una fotografia perché dopo anni fu trovato un filmato che rappresentava la scena della strage di via D’Amelio, dove si vedeva questo allora capitano che adesso è colonnello –Giovanni Arcangioli – che si allontanava con in mano la borsa prelevata dall’auto del Dott. Borsellino dopo l’esplosione. La fotografia ritrae il capitano Arcangioli che ha in mano la borsa del magistrato, ma non si vede la famosa Agenda Rossa di Borsellino. Del resto, lo stesso ufficiale ha ammesso di aver prelevato quella borsa e di averla poi consegnata alla polizia. Lui – questa è la sua dichiarazione – ha subito un procedimento penale che si è risolto con la sua assoluzione. È stato prosciolto. Le mie osservazioni vengono da una conoscenza indiretta dei fatti che apprendo tramite i mezzi d’informazione…Tenga presente che si è cercato di insinuare che io fossi sul posto della strage (Borsellino – ndr) qualche attimo dopo l’esplosione della bomba. Poi ho dimostrato in maniera incontrovertibile, in maniera incontestabile, che io non ero lì e non ero in via D’Amelio e non ero su nessun territorio della faccia della terra perché ero in alto mare con un mio amico e con 10-11 persone che potevano testimoniare la mia presenza lì (sulla barca – ndr). La calunnia che voleva che la mia presenza fosse stata notata dalla prima volante della polizia arrivata sul posto, che questa volante mi avesse identificato, che mi avevano chiesto i documenti, che avevano fatto una relazione circa la mia presenza lì… Tutto risultato poi falso, perché gli agenti interrogati hanno detto: “ma quando mai abbiamo visto il Dott. Contrada?…ma quando mai abbiamo fatto questa relazione?… ma, assolutamente, non è vero” . Non sto a rivangare questi episodi veramente indegni di una società civile e di uno stato di diritto…

L. PACE: Lei Giovanni Arcangioli lo conosceva?

C. Contrada: No. Mai sentito, mai visto, mai conosciuto. Durante il servizio che ho prestato a Palermo non credo che lui fosse lì… Conosco la sua figura, il suo nome dai giornali. Ho riferito queste cose nel mio esposto denuncia poco prima di entrare nel carcere “S. M. Capua Vetere”, presentandolo personalmente al Procuratore della Repubblica di Caltanissetta nel marzo del 2007, chiedendo che fosse fatta luce su tutta questa vicenda. Si è archiviato tutto… non si è fatto niente…

L. PACE: trattativa “Mafia Stato”. Lei ha conosciuto Mori e Subranni?

B. CONTRADA: Sì, certamente. Subranni molto di più di Mori. Con Subranni ho avuto rapporti più stretti, abbiamo anche collaborato quando lui era lui era comandante del Reparto Operativo di Palermo ed io ero capo della Squadra Mobile; in quegli anni quando lui era capitano, maggiore poi è ritornato a Palermo da Comandante della Legione Carabinieri, da colonnello e poi l’ho incontrato più volte a Roma quando è stato fatto comandante del ROS. Mori di meno, non ho mai svolto alcuna attività significativa con lui, però, lo conoscevo. E’ venuto anche al mio processo a testimoniare…

Fonte Lavalledeitempli