Spy story: il misterioso suicidio di uno 007

Ma c’è una indagine in corso e ora alcune indiscrezioni cominciano a trapelare, ad incrinare il muro di omertà-riservatezza che ha sempre circondato la vicenda. Come andarono le cose dal poco che è pubblicamente noto?

Ripartiamo dal 7 novembre del 2010 quando le agenzie battevano la notizia: «Si è sdraiato sui binari nell’attesa che arrivasse il treno. Tragica fine per un uomo, di cui al momento non si conosce l’identità, travolto dal convoglio nella zona di Capannelle, a Roma. Il fatto è accaduto intorno alle 11 di oggi. L’uomo è stato investito da un treno proveniente da Napoli e diretto a Venezia». Una viaggiatrice, in calce a un sito di news, raccontava che un’ora dopo il corpo era ancora riverso sui binari, senza nemmeno un lenzuolo a coprirlo.

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Solo ora sappiamo che il morto era un segretario dell’Aise e che la morte venne resa nota all’interno della struttura solo un paio di giorni dopo. Morto perché? Nell’ambiente si era sparsa la voce secondo la quale c’era un amore contrastato, comunque motivi sentimentali, all’origine del gesto disperato. Certezze della prima ora che poi si sono andate affievolendo con il tempo. E oggi ancora ci sono molti lati oscuri sulla morte di Riccardo Barba, così si chiamava il tenente dei carabinieri, proveniente dal reparto operativo di Via in Selci e in servizio all’VIII divisione dell’Aise. Il nickname con cui era conosciuto tra gli 007 era Pierino.

Ma quali sono gli elementi che destano perplessità? Sembrerebbe anche che l’autopsia ipotizzi una quantità elevatissima di ossido di carbonio nei polmoni. Gli esperti dicono che quando sei così pieno di ossido di carbonio non sei in grado di camminare. Prima un tentativo di suicidio col gas dell’auto poi l’auto distruzione più crudele del treno?

Allora nell’ambiente comincia a circolare la voce che la tesi del suicidio per amore non regge e ci si fanno domande: com’è arrivato sui binari un uomo in quelle condizioni? Come ha fatto a raggiungere i binari? C’era una macchina lì intorno? La sua almeno, oppure quella di altri se il suicidio non convince?

Sul caso indagava il pm Saviotti. Ma l’11 gennaio di quest’anno il capo del pool anti-terrorismo della Procura di Roma è morto d’infarto. Qualcuno ricorderà lo scandalo suscitato dall’esultanza in rete del vate di Casapound (Saviotti indagava anche sui neofascisti). A Saviotti succede Tescaroli. E a quanto sembra, da alcune analisi tossicologiche sarebbe emerso che la saturazione da ossido di carbonio era sufficiente per morire ma non per arrivare fino ai binari. Almeno non con le proprie gambe.

C’è un altro elemento che fa riflettere: proprio nei giorni immediati prima di morire, Riccardo Barba era andato a Milano col suo gruppo, tutti agenti armati ed equipaggiati. Sembra che si trattasse di una delicatissima attività di contro proliferazione, di contrasto a traffici atomici, svolta col supporto di elementi di servizi stranieri alleati. Una settimana di lavoro a Milano e il rientro a Roma. Al ritorno l’agente era, o sembrava, una persona tranquilla. Ma il giorno seguente la sua fine sotto un treno a Capannelle.

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Nessuno può sapere cosa passi nella testa di una persona che decide di togliersi la vita. Se ci sia qualche elemento scatenante. Certo è che difficile immaginare una persona che ha un’arma di servizio, ha dimestichezza nell’usarla, e che per uccidersi scelga di mettere la testa sotto al treno invece di spararsi. E soprattutto: come ha fatto ad arrivare ai binari?

Misteri sulla morte di uno 007, misteri della contro proliferazione. Un suicidio per amore. Ma forse le cose non stanno così.

Fonte Globalist