I contatti tra gli agenti e Ciarambino sarebbero stati diversi. Pare che gli investigatori avessero sospetti sull’attività del soggetto e lo abbiano avvicinato più volte. Una versione però che gli inquirenti leggono in altro modo: sono stati tentativi per cercare di arrivare al loro scopo. Tra gli episodi salienti il Gip ne cita due, a novembre e gennaio. Il primo. I tre poliziotti fermano Ciarambino in auto. Gli trovano poco hashish, una quantità per uso personale ma che sarebbe servita da buon pretesto: «Facci un regalino e chiudiamo la pratica». Vero? L’accusa è convinta di sì. Il secondo, a gennaio. Ciarambino non raccoglie la richiesta di denaro degli investigatori. Sparisce dalla circolazione fino al 27 del mese, nuovamente pizzicato dai tre, stavolta più decisi. Secondo l’ordinanza del Gip, lo fermano, cominciano a fare i minacciosi – «Adesso arrestiamo te e tua moglie» – gli agitano davanti al volto la pistola carica e lo costringono a salire sulla macchina di servizio per essere portato in Commissariato. Un sequestro in piena regola. In ufficio sarebbe accaduto anche altro. Gli investigatori lo picchiano, lasciandogli addosso segni che poi, una volta uscito, Ciarambino si sarebbe fatto medicare in ospedale, al pronto soccorso, facendo mettere nero su bianco la prognosi per usare il referto come futura prova davanti al pubblico ministero contro i tre poliziotti. Il 27 gennaio negli uffici di Tor Pignattara, dopo le botte le propotenze sarebbero culminate con la richiesta di denaro: «Ora chiama tua moglie e dille di andare in banca e portare diecimila euro». Tutto in diretta in Commissariato, chiamata che risulterebbe sui tabulati telefonici tra le carte dell’accusa. La donna avrebbe eseguito: sarebbe andata in banca, avrebbe effettuato il prelievo consegnando la somma ai poliziotti in Commissariato. Un dettaglio: a sostegno della versione delle vittime, si cita come testimone il direttore dell’istituto di credito al quale la moglie del sequestrato avrebbe detto: «Mi servono per pagare i poliziotti». Ispettore, assistente capo e assistente indagati sono difesi dall’avvocato Mauro Ariè. Le accuse sono pesanti. Sulla reputazione di tre poliziotti pesano ancora di più. Al Commissariato Tor Pignattara nessuno vuole parlare di questa storiaccia. Il clima è teso e anche denso di amarezza. Michele Delicato, Roberto Aresu e Gabriele Lorenzetti sono conosciuti come colleghi tenaci nel loro lavoro, sempre disponibili, persone che non guardano mai l’orologio. Sono “vecchi” poliziotti che hanno sempre goduto di ottima considerazione, vantando una professionalità riconosciuta anche dagli attestati di merito da parte dell’amnministrazione. Il loro ultimo arresto risale al 5 giugno scorso, a Centocelle. Un pregiudicato albanese, 41 anni, era stato fermato sulla sua auto. Nelle tasche dei pantaloni gli avevano trovato un sacchetto di cocaina. Una scoperta che aveva portato i tre investigatori a proseguire gli accertamenti nel suo appartamento dove i poliziotti avevano sequestrato quasi 150 grammi dello stesso stupefacente e bilancini elettronici di precisione. L’albanese era stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.
Fonte Il Tempo