Voip, chat e social: l’Fbi vuole un accesso alle comunicazioni

Rappresentanti dell’Fbi stanno perciò incontrando membri del congresso, funzionari della Casa Bianca e delle aziende che operano sul Web per convincerli a sostenere un emendamento al Communications Assistance for Law Enforcement Act (Calea), la normativa risalente al 1994 che disciplina la sorveglianza sulle reti di telecomunicazioni. Il Calea era già stato modificato una prima volta nel 2004 affinché si applicasse anche ai fornitori di servizi Internet a banda larga, e non solo alle compagnie telefoniche tradizionali.

La nuova disciplina, punterebbe a espandere il monitoraggio anche a singoli prodotti, come social network e servizi di chat, usati per comunicare via Internet, solo nel caso però che raggiungano una considerevole massa critica di utenti. L’Fbi vorrebbe ragggiungere l’obiettivo con le buone: lo stesso direttore dell’agenzia, Robert Mueller, aveva in programma un viaggio, poi rimandato sulla costa Ovest, questo mese, per incontrare i rappresentanti delle società interessate in modo da valutare insieme la maniera di limitare al massimo l’impatto del provvedimento.

Secondo quanto riferito dal un funzionario del bureau a Cnet “esiste ormai un gap crescente fra il potere statutario conferito dalla legge di intercettare le comunicazioni elettroniche a seguito di un ordine del giudice, e la nostra capacità pratica di effettuare tali intercettazioni. Se questo gap dovesse continuare a crescere, c’è il rischio reale che il governo “resti al buio” con conseguente aumento dei rischi per la sicurezza nazionale e la salute pubblica”.

Naturalmente, non è così che la vedono le associazioni per la difesa della privacy dei cittadini e le stesse aziende Internet, preoccupate che i consumatori fuggano dai loro servizi, sapendo di essere constantemente sorvegliati e monitorati. Non convince l’eccessiva delega in bianco che verrebbe affidata ai tutori della legge (che dovrebbero adoperarla solo dietro delega giudiziaria, ma il problema è sempre quello: chi controlla i controllori) e i commentatori più taglienti, come Glenn Greenwald su Salon si sono spinti fino a paragonare una normativa del genere a simili provvedimenti repressivi vigenti negli Stati totalitari e anti-democratici.

L’accusa all’America (o meglio a una parte di essa), e non è la prima volta che le viene rivolta, è in sostanza di ipocrisia. Greenwald ricorda il biasimo dell’amministrazione Obama di fronte alla minaccia di Arabia Saudita e Emirati Arabi di non consentire l’utilizzo dei Blackberry sul loro territorio perché “non intercettabili”. Che però è proprio quello che anche l’Fbi si proporrebbe di fare, visto che, se l’espansione del Calea dovesse essere approvata, anche società straniera come la canadese Rim sarebbero costretto ad adeguare i loro software per poter operare sul mercato americano.

Critiche vanno anche al modo con cui il Bureau sta cercando di ottenere il suo obiettivo, ossia senza coinvolgere la cittadinanza in un dibattito aperto, ma incontrandosi in semi-segreto con le persone che “contano”. Una tendenza purtroppo sempre più frequente, non solo in America, quando si tratta di prendere decisioni che, regolando e alterando il funzionamento di Internet, influenzano di fatto la libertà di espressione di milioni di persone.

Fonte La Stampa