Caso Schwazer, Intercettazioni che scottano: ecco perché era marcato

Ma allora perché accreditare questa ipotesi? È una delle domande a cui l’olimpionico altoatesino potrà rispondere oggi pomeriggio nella conferenza stampa convocata a Bolzano.
Chi l’ha aiutato La verità è che sono in pochi, negli ambienti sportivi e non, a credere che Schwazer possa aver fatto tutto da solo. Anche quel «non voglio andare in prigione» alla domanda «chi l’ha aiutata?» è una frase che può avere molteplici significati. Naturalmente non ci si può accanire contro una persona sicuramente colpevole ma certo invasa da una feroce sofferenza e che in pochi minuti s’è vista cadere in una voragine. Ma è chiaro che Schwazer dovrà inevitabilmente rispondere alla giustizia sportiva e probabilmente a quella penale, nonché all’Arma dei Carabinieri, sulle circostanze che lo hanno portato dentro questo girone infernale. E che non sono tutte chiare.
Marcato Di certo c’è che nelle ultime settimane, in pratica da quando aveva lasciato l’Italia per cominciare il periodo di preparazione a Saint Moritz, Schwazer è stato «marcato» dalle forze dell’ordine italiane nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria che ruota intorno all’attività del medico Michele Ferrari, recentemente «inibito» dall’Usada, l’agenzia statunitense antidoping e che ha nella località svizzera uno dei suoi studi. L’olimpionico continua a negare in queste ore qualsiasi aiuto professionale nella sua decisione di scegliere il doping e di praticarlo. In ogni caso è questo lavoro di intelligence che ha portato la Wada a scegliere di controllare Schwazer andando in qualche modo «a colpo sicuro».
Intercettazioni Ma il problema è: che cosa c’è a monte della decisione di «marcare» un campione del genere? Soltanto l’ipotesi della presenza di Schwazer in una lista di frequentatori di Ferrari? Di qui la possibilità che gli inquirenti avessero da tempo in mano altro materiale investigativo, alcune intercettazioni. In cui non si sarebbe parlato solo di alimentazione e di allenamenti. Per questo, la procura della Repubblica di Padova potrebbe iscrivere nel registro degli indagati il marciatore come «atto dovuto». Ma c’è anche l’ipotesi che il fascicolo sia aperto a Bolzano, la giurisdizione dov’è residente Schwazer, come riferisce l’Ansa, che ha interpellato sull’argomento il procuratore Guido Rispoli.
Toccata e fuga Fra i particolari emerge anche il piano di viaggio olimpico di Schwazer prima della decisione di abbandonare il progetto 20 chilometri. Alex sarebbe arrivato a Londra a un paio di giorni dalla gara per fare ritorno alla base in Germania subito dopo. Ritornando a ridosso della sfida sulla 50. Dormendo pochissimo al Villaggio Olimpico, dove i controlli Wada stanno martellando diversi atleti (il primatista degli esami «sopportati» è Asafa Powell). La decisione di ridurre al minimo la permanenza era stata vista dal Coni e dalla Fidal come il tentativo di non perdere concentrazione. Una lettura su cui oggi è inevitabile avere qualche dubbio.

Fonte Calciosport24