I dettagli di tale ricerca saranno presentati il prossimo febbraio, nel corso dell’undicesima conferenza internazionale Wirtschaftsinformatik (Infomation Systems), che si terrà a Lipsia.
Tra le altre cose, secondo quanto rivelato dallo studio tedesco, l’invidia, l’infelicità e tutti gli altri sentimenti negativi che Facebook è in grado di scatenare verrebbero aumentati dal fatto che la maggioranza dei “profili virtuali” è costruita in modo da amplificare – se non addirittura fingere – la felicità personale reale. Ciò avviene perché un utente, se raccogliendo informazioni su una persona ne percepisce uno stato di benessere (vero o falso che sia), è spinto a mostrare un’immagine migliore e più positiva di sé rispetto a quella offerta dal suo stesso profilo, che a sua volta diventerà fonte d’invidia per gli altri.
Insomma un vero e proprio circolo vizioso, che viene incluso tra le conseguenze negative che Facebook – il social network più conosciuto e utilizzato del momento – provocherebbe in chi ne fa un uso costante e smisurato. Oltre allo studio tedesco, infatti, un altro – condotto dall’Università di Pittsburgh assieme alla Columbia Business School – aveva già puntato il dito contro gli effetti collaterali che questo nuovo modo di comunicare può avere sul nostro comportamento. Secondo la ricerca americana, in particolare, i troppi “mi piace” alzerebbero a livelli smisurati l’autostima, causando la perdita del controllo di sé, sul web come nella vita reale.
I rischi legati ad un uso eccessivo o poco consapevole di Facebook sarebbero quindi da non trascurare. Se per chi trascorre troppo tempo a “spiare” la vita degli altri attraverso i loro profili il pericolo è rappresentato dall’invidia e dall’infelicità, per quanti mietono decine di consensi con i propri post la minaccia è rappresentata dall’impennarsi sfrenato dell’autostima, con conseguenze quali l’accumulo di chili e debiti. A quanto pare, infatti, questo potrebbe rafforzare il fenomeno del binge eating, ovvero delle “scorpacciate compulsive”, e si verrebbe indotti a spese incontrollate, mandando in rosso la propria carta di credito.
Fonte Universita