C’è poi da considerare la rete dei condidenti dell’ax maggiordomo di Benedetto XVI: nomi di cardinali influenti, come Angelo Comastri e Paolo Sardi, vescovi come Francesco Cavina (ora alla diocesi di Carpi ma in precedenza alla Segreteria di Stato), e persone in passato molto vicine al Papa come l’ex segretaria Ingrid Stampa tra le persone con cui Paolo Gabriele, l’ex maggiordomo papale accusato del furto di documenti riservati, aveva contatti e scambiava confidenze su problemi riguardanti la Santa Sede, secondo quanto emerge dall’interrogatorio reso il 6 giugno scorso da Gabriele al giudice istruttore Piero Antonio Bonnet e citato oggi nella seconda udienza del processo.
Il promotore di giustizia Nicola Picardi ha chiesto conto a Gabriele di quanto detto nell’interrogatorio sul fatto di essersi sentito «suggestionato» dalla «situazione ambientale», parlando di vicende che costituivano «scandalo per la fede», e delle «confidenze che scambiava – è stato ricordato – con il card. Comastri, mons. Cavina, il card. Sardi, che aveva definito «una specie di guida spirituale», e Ingrid Stampa. Il magistrato gli ha anche chiesto se c’era solo «suggestione» e anche «collaborazione». Gabriele ha però risposto di non riconoscersi in tale “ricostruzione”, frutto di una “estrema sintesi di un discorso molto più ampio” su quanto l’aveva spinto a fare quello che ha fatto.
Ha ricordato che i suoi rapporti con prelati partivano dai primi tempi del suo lavoro in Vaticano, in particolare alla segreteria di Stato, dove quello con Sardi era stato un “primo approccio” con una persona poi da lui individuata come “un punto di riferimento”`. “Poi negli anni – ha aggiunto le cose sono cambiate e ora ritengo di non poterlo più definire come una guida spirituale”.
L’ex maggiordomo ha contestato si potesse usare la parola “suggestione”` in relazione alle persone citate, e tanto meno si potesse parlare di “collaborazione”`. “Anche perché dovrei fare altri nomi”, ha aggiunto. E anche quando in istruttoria gli era stato chiesto con quante persone parlava, la risposta era: “Dovrei dire un numero enorme di persone”. Gabriele ha quindi ribadito di ´`non aver avuto altri complici´` nell’appropriazione e nella fotocopiatura di documenti.
Oltre a monsignor Georg Gänswein, segretario particolare del Santo Padre, oggi ha testimoniato al processo contro Paolo Gabriele anche Cristina Cernetti, una delle memores domini che svolgono servizio presso l’appartamento del Papa. Testimoni anche i gendarmi Giuseppe Pesce, Gianluca Gauzzi Broccoletti, Costanzo Alessandrini. La testimonianza di quest’ultimo non era stata raccolta nell’ambito dell’inchiesta istruttoria, così come quella degli altri quattro testimoni che saranno ascoltati domani mattina alle 9: Luca Cintia, Stefano de Santis, Silvano Carli e Luca Bassetti.
«Facevo le fotocopie dei documenti durante l’orario di lavoro, con la fotocopiatrice in dotazione all’ufficio», ha affermato Paolo Gabriele, spiegando le circostanze in cui si è appropriato dei documenti riservati del Pontefice. Gabriele ha spiegato che aveva una postazione all’interno dell’ufficio dei due segretari del Papa, ognuno dei quali dispone di una scrivania. «Essendo il mio movimento all’interno della stanza libero e non avendo un fine malvagio – ha puntualizzato – ho fotocopiato anche in presenza di altri nell’orario in cui la mia presenza era prevista».
Fonte La Stampa