PAROLE PERICOLOSE – Secondo quanto rivelato dall’Electronic Privacy Information Center, qualsiasi cosa pubblicata su Facebook o Twitter puo’ diventare oggetto di revisione da parte del ministero della Difesa Nazionale, il quale e’ alla ricerca di ‘argomenti di interesse’ o parole che possono essere considerate ‘cattive’. Nella lista delle parole ‘cattive’ sono finite quelle che riguardano categorie che vanno dalla sicurezza interna, materiali pericolosi, violenza al confine meridionale, agenzie federali, terrorismo, emergenza, disastri e la sicurezza cibernetica oltre a quelle delle infrastrutture. General Dynamic, l’azienda che ha firmato il contratto con il Pentagono, sorveglia queste parole, e se l’indagine può essere interessante segnala ai militari quali rischi ci possono essere nei post su Facebook o nei tweet su Twitter digitati dagli americani. La contestazione di infrazione alla privacy dei cittadini avrebbe scarse basi di vittoria giuridica, sottolinea un esperto di Cnn, Dean Obeidallah, un ex avvocato , visto che il profilo Facebook o quello Twitter sono fondamentalmente pubblici, e quindi non coperti da particolare tutela giuridica.
EFFETTI RIDICOLI – Nel momento in cui scatta la segnalazione su uno dei Social Network, viene avviata un’indagine. Le parole monitorate, come alcune potenzialmente pericolose perchè utilizzabili dai terroristi, come materiale per far esplodere le bombe o armi, sono però le più trascurabili, a meno di immaginare che ci sia qualche criminale così tonto da programmare e discutere i suoi piani su Facebook. Altre chiavi di parola, invece, provocano effetti ilari. “I’m going on vacation to San Diego, hope no clouds because want to catch some waves”. Se si scrive questa frase, che contiene cinque parole sorvegliate dal governo, si rischia un’apertura di indagine, anche se si è semplicemente scritto che “vado in vacanza a San Diego, spero che non ci siano nuvole perchè voglio prendere un po’ di onde”, cioè il potenziale pericolo sarebbe un post o un tweet di auspicio di surf. ‘Questo programma – conclude Dean Obeidallah, un ex avvocato – somiglia a quello usato dal governo cinese per monitorare la rete. Il nostro governo non dovrebbe seguire le orme di un regime autoritario. Dopo l’11 settembre i cittadini americani hanno subito troppe privazioni di libertà a causa della lotta al terrorismo, e senza la querela del Electronic Privacy Information Center non saremmo mai venuti a sapere che il governo ci spia su Facebook o Twitter ‘
Fonte Giornalettismo